Lunokhod 1: l'altra faccia della Luna

00:05:47 10.11.2015
Era il 10 novembre di quarantacinque anni fa e il primo rover comandato a distanza partiva alla volta di un altro mondo: il robottino russo Lunokhod 1 avviava la sua conquista della Luna segnando un punto a favore dell'ex URSS nella corsa allo spazio
Trascrizione audio
Una guerra di nervi combattuta a gravità zero per affermare la propria supremazia sulla Terra, un braccio di ferro sullo scacchiere internazionale che mise in campo a denti stretti arsenali composti da sonde avveniristiche, tute spaziali e rover a otto zampe che sbarcavano sulla Luna. Fu questo lo scenario, imbastito sullo scorcio degli anni 50, dai due colossi in conflitto, Stati Uniti e Unione sovietica che da diverse latitudini guardavano lo stesso cielo meditando di conquistarlo, che issarono la propria bandiera sopra le nostre teste affermando che quello parlato nella loro lingua era il migliore dei mondi possibili. Si era da poco concluso il secondo conflitto mondiale ed i due contendenti, separati da un oceano e da modelli culturali differenti, si sfidavano spostando il campo di battaglia nell'orbita bassa, avviando l'epoca della conquista umana dello spazio, una conquista che annoverava tra i trofei la presa del nostro satellite da parte di un rover a forma di vasca di etnia caucasica. Una lotta di potere che aveva già visto volare verso l'ignoto le prime sonde – lo Sputnik russo a cui gli americani avevano risposto con il primogenito della famiglia degli Explorer - il primo essere vivente, la sfortunata cagnetta Laika, il primo uomo nello spazio e il primo sulla Luna, una spirale di conquista in cui ognuno dei due rivali, segnando un punto a proprio favore, consentiva il progresso dell'intero genere umano. Era il 10 novembre del 1970 e quella che allora era l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il Paese che aveva lanciato oltre l'atmosfera Yuri Gagarin, metteva a segno un altro colpo decisivo spedendo in cielo la sonda Luna 17 che una settimana dopo avrebbe depositato nei pressi del Mare Imbrum il primo rover controllato a distanza su un altro corpo celeste. Somigliava ad una vasca con un coperchio convesso quel lontano antenato di Curiosity di nome Lunokhod 1, un robottino esploratore a 8 ruote lungo 170 cm per 135 di altezza del peso di 840 chilogrammi che nel corso del suo soggiorno lunare durato 322 giorni percorse quasi un'intera maratona, scorrazzando sul suolo butterato per 10,5 chilometri. Una distanza immensa per l'epoca se paragonata alle marce del successore marziano Opportunity che in sei anni di servizio di chilometri ne ha macinati 12. Il primo esploratore comandato in remoto dagli ingegneri russi era equipaggiato di 2 antenne, una conica ed una ad elica, sfoggiava 4 videocamere e un braccio estensibile utilizzato per tastare la consistenza del terreno. Inoltre a bordo imbarcava 1 spettrometro e un telescopio a raggi X e un rilevatore di raggi cosmici, strumentazioni queste che gli permisero di raccogliere dati composti in oltre 20 000 immagini, un ritratto a tutto tondo della regione lunare realizzato con l'obiettivo di studiare l'ambiente per costruirvi un'istallazione permanente. Un sogno che al principio degli anni settanta si chiamava potere e che quarant'anni dopo si chiama progresso ed ha le fattezze del primo rover marziano di etnia russa, il robottino Exomars realizzato insieme all’ESA in partenza per il pianeta rosso nel 2018 e quelle del grande progetto NASA ARM, il programma in fase di sviluppo concepito in seguito all’abbandono della missione Constellation che immaginava di riportare gli americani sulla Luna e che prevede la cattura e l’ immissione di un asteroide nell’orbita del nostro satellite
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