Correnti tumultuose nell’oceano di Encelado?

00:02:00 26.03.2021
Secondo uno studio del Caltech, realizzato grazie ai dati della sonda NASA-ESA-ASI Cassini, l'oceano della luna di Saturno potrebbe essere caratterizzato da correnti analoghe a quelle dei mari terrestri
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Nascosto sotto 20 chilometri di ghiaccio, l'oceano sotterraneo di Encelado, una delle lune di Saturno, sembra avere le stesse correnti che caratterizzano i mari terrestri. Lo afferma uno studio guidato dal Caltech e basato sui dati della sonda Nasa-Esa-Asi Cassini. Encelado ha attirato l'attenzione degli scienziati nel 2014, quando Cassini ha scoperto prove della presenza di un grande oceano sotterraneo e ha osservato i geyser che sbuffano dalle fessure ghiacciate del suo polo sud. Insieme ad Europa, la luna di Giove, è uno dei pochi luoghi nel Sistema Solare, oltre alla Terra, dotato di acqua liquida e rappresenta un obiettivo molto interessante per gli studi di astrobiologia. L’oceano della luna si estende per tutta la superficie ed è raffreddato nella parte superiore vicino al guscio di ghiaccio, mentre viene riscaldato nella parte inferiore dal calore del nucleo lunare. Gli oceani di Encelado e della Terra condividono una caratteristica importante, sono salati.  Le variazioni di salinità potrebbero servire come motori della circolazione oceanica su Encelado, proprio come accade nel mare che circonda l’Antartide. Le analisi effettuate da Cassini avevano già rivelato che il guscio di ghiaccio della luna è più sottile ai poli che all'equatore. Ciò influisce sulle correnti oceaniche perché quando l'acqua salata gela, rilascia i sali e rende il fluido circostante più ‘pesante', spingendolo verso il basso. L'opposto accade invece nelle regioni equatoriali.  Il modello al computer, realizzato dagli scienziati, suggerisce che le regioni di congelamento e scioglimento, identificate dalla struttura del ghiaccio, sarebbero collegate dalle correnti oceaniche. Ciò creerebbe una circolazione dal polo all’equatore, che influenza la distribuzione del calore e dei nutrienti.  Ora non resta che attendere le prossime missioni spaziali, che dovranno capire quali regioni del profondo oceano potrebbero essere le più ospitali per lo sviluppo di forme di vita.
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